Oggetti, pezzi di qualcosa, smontare dei pezzi da qualcosa, recuperare cose da buttare, dare una nuova vita agli oggetti.
Se questa è una filosofia oggi molto in voga (per fortuna) anche nel design o dei vari laboratori per bambini o nei programmi televisivi o tra gli Hipster, sappiamo che non è comunque una novità.
Inoltre, il nostro contributo al riciclo, al non sprecare, dando vita a nuovi oggetti, diventa importante anche per gli altri.
Ogni persona ha un approccio diverso nel reinventare gli oggetti, penso dipenda dal proprio carattere, dalle tecniche studiate, dall’uso che si vuole fare successivamente del nuovo oggetto.
Devo parlare della mia esperienza personale con gli oggetti.
Dopo essermi appassionato a strumenti musicali di altre tradizioni (saze, oud, sitar, etc.) e nello stesso periodo coltivando la grande passione per la musica contemporanea, ho come sentito che qualsiasi cosa, oggetto, pezzo di legno, avesse le stesse potenzialità dello strumento musicale tecnicamente più complesso; come se per fare musica, non servisse chissà quale tecnica virtuosa.
Ovviamente si arriva a concepire questo, dopo aver studiato.
Con il tempo sono diventato un po’ estremista (lo sono sempre stato?): non uso più la voce e non suono quasi per niente la chitarra; diciamo che mi piace avere a che fare con le registrazioni, le macchine analogiche e digitali, gli oggetti, la materia in generale.
La nostra generazione deve ringraziare John Cage per essere andato oltre, personalmente sono sempre stato affascinato dal suo rapporto con la casualità. Non avendo quasi nessun interesse verso il misticismo e le filosofie orientali ma, essendo un “vecchio” europeo che crede che l’anarchia è realizzabile tutti i giorni, in tutte le cose, ho inteso la casualità materialmente.
Un approccio comunque non distante da Cage e dai suoi riferimenti (es. Thoreau).
Casualmente ho costruito il Rumorcello da una sedia rotta che stava per finire dentro al camino, casualmente ho costruito il Rumorbau, quello con la ruota di bicicletta e quest’ultimo con la sella.
Decido semplicemente di passare qualche ora tra gli attrezzi, spesso senza avere nessuna idea chiara; trovo del materiale e comincio ad assemblarlo: senza pretese.
Non ho una grande manualità, tremo quando saldo, non sono perfezionista e sono pigro.
Gli strumenti che vengono fuori hanno solo una grande necessità di comunicare, di interagire con altri artisti e con strumenti tradizionali. Mi avvalgo di semplici mezzi tecnologici come microfoni auto-costruiti e adesso comincio pure con Arduino; ho una buona esperienza di fonico che è fondamentale.
Gli oggetti che costruisco, spesso sono destinati ad un’unica performace. Quando finisco di suonare, se posso li lascio in loco, altrimenti li smonto e li trasformo o ci faccio suonare i bambini dei corsi che tengo.
Un oggetto non è per sempre.