da “Lettera a uno sconosciuto”
Dal momento che lei dà tanta importanza ai giovani, cosa pensa di quella sorta di incubatrice che per loro è l’università?
Per come sono ora, non sono altro che luoghi dove le persone vanno per prendere lauree, per poi trovare un lavoro,
per poi entrare in questa prigione di cui abbiamo parlato. La stessa università è modellata sull’idea della prigione,
e così ci si abitua all’idea della prigione già dal momento in cui si viene educati…
«Se non fai come ti abbiamo detto di fare, ti bocceremo», Lei sa tutto di questo. Ma in quella università sempre più cose
stanno cambiando, e la libertà si diffonde sempre di più. Si sente parlare di certe espressioni come “l’università libera”,
oppure si sente di studenti che frequentano l’università senza essere iscritti, con la possibilità di lasciarla quando lo desiderano.
Si sente anche di università che concedono alle persone la libertà di scegliere liberamente il proprio piano di studi,
senza infastidirli con curriculum, lauree, titoli vari, e sempre più insegnanti sono disponibili a insegnare al di fuori dei
corsi di laurea, ecc., in modo tale che questo cambiamento sta subentrando a quella situazione che appoggiava
rigorosamente il vecchio. Così ci troviamo di fronte a questa condizione di “sovrapposizione” che stiamo vivendo ora e che
ci rende così confusi su quanto ci accade intorno. Talvolta questo succede per vecchie ragioni che vengono meno, e talvolta
invece accade perché ne nascono di nuove, Geneviere Marcus (1970).
Il guaio più grosso con le università è che esse limitano gli orari, pianificano le lezioni e cosi ci si sposta da una cosa all’altra
come idioti. La prima cosa che si dovrebbe pensare di fare in un’università è quella di non pianificare le cose, perché non è
questo il modo in cui vive la gente. L’unico momento in cui dovremmo farlo nella nostra vita è quando si deve prendere un
treno o un aereo o qualcos’altro; allora è necessario arrivare puntuali. Ma per il resto del tempo questo non e affatto
necessario. Don Finegan et al. (1969).
Dal punto di vista positivo di una nuova società, l’università sta gradualmente diventando come la vita, e sta iniziando a
includere tutte le cose che alla vita appartengono, e così, quando finalmente non si dovrà più lavorare, se non, mettiamo,
per un’ora all’anno, allora potremo passare tutta la nostra vita all’università. Ma, in tal caso, dovremo creare una situazione
di tipo non poliziesco e in cui sia assolutamente piacevole trovarsi, perché comunque non dovremo mai laurearci. In altre
parole dovrebbe trattarsi di un luogo all’interno di una comunità abbondantemente implementata, in cui ci sia libertà di fare o di
studiare qualsiasi cosa si desideri, e in cui ci sia sempre qualcuno disposto ad aiutare a imparare o ad approfondire qualsiasi
cosa si ritenga utile. Questa dovrebbe essere un’università, questa potrebbe essere la vita, di cui abbiamo tutta una serie di
anticipazioni, come ad esempio i centri sociali e così via, che la gente può frequentare liberamente, usando materiali e
creando o facendo cose diverse, oppure le biblioteche pubbliche aperte a tutti e dove è possibile leggere tutto ciò che si vuole.